Dopo molti decenni, dibattito sulla cannabis, dove da un lato si schieravano strenui difensori e delle sue proprietà benefiche, mentre dall’altro c’era chi era inamovibile sulla propria posizione di considerare questa pianta alla stregua dell’oppio, l’ONU ha deciso di rivedere la propria posizione ufficiale. Questo aprendo finalmente la strada ad un settore dell’economia e della ricerca scientifica il cui sviluppo è stato limitato per troppo tempo.

Gli articoli sull’argomento sono innumerevoli e hanno esplorato ogni singolo aspetto, sia dal punto di vista clinico e scientifico, che semplicemente personale delle proprietà della cannabis, e dei suoi prodotti derivati come olio CBD, un prodotto molto utilizzato che presenza numerosi benefici sia per gli uomini che per gli animali domestici.

L’inizio della fine del blocco per la cannabis

50 anni fa la cannabis è stata messa all’interno della tabella ONU delle sostanze stupefacenti, secondo il parere di molti esperti con una quantità prove derivanti da studi scientifici e sociali a suo riguardo troppo limitata per essere considerata valida.

Dopo questa decisione la cannabis è rimasta nella lista, a dispetto del fatto che la canapa fosse stata impiegata per migliaia di anni nell’alimentazione umana ed animale e anche semplicemente per la realizzazione di fibre e tessuti.

Tutti gli studi riportati a favore delle proprietà positive della cannabis e soprattutto che mettevano in luce il fatto che molti degli effetti negativi di cui era accusata in realtà non erano presenti ma bensì frutto di un approccio di indagine scientifica vecchio e non attendibile, per interi decenni sono stati completamente ignorati dall’autorità.

Il fatto che la cannabis si trovasse all’interno della tabella delle sostanze proibite, naturalmente ha avuto severe ripercussioni dal punto di vista scientifico, perché per molti ricercatori è stato impossibile veder riconosciute le loro fatiche e i fondi necessari per gli studi specifici sono stati pesantemente limitati.

Adesso finalmente dopo mezzo secolo la cannabis è stata rimossa dalla lista nera dell’ONU, anche se la votazione è avvenuta sul filo del rasoio per lo scarto di un solo membro. Tutta Europa Italia compresa ha votato a favore, con l’esclusione dell’Ungheria che invece si è opposta.

L’esito della votazione

A giudizio degli esperti di economia politica, non ci dovrebbero essere impatti immediati a livello di controllo internazionali, perché al momento ogni singolo Paese mantiene il controllo sulla gestione della questione sul proprio territorio.

Dal canto suo l’assemblea dell’ONU si è limitata a rimuovere il proprio veto, aprendo però in questa maniera molte possibilità che fino a questo momento erano completamente bloccate anche a livello accademico in realtà sparse per il mondo.

Attualmente per l’organizzazione delle Nazioni Unite la canapa non fa più parte della lista degli stupefacenti, la tabella IV, in cui campeggiano sostanze come eroina e cocaina.

La scelta dell’ONU deriva dal fatto che ricerche e studi scientifici già sottoposti a peer review, ovverosia fatti ricontrollare da più laboratori non in comunicazione tra loro, hanno sottolineato come la cannabis abbia interessanti proprietà dal punto di vista terapeutico.

La seduta si è conclusa con una votazione che ha visto 1 astenuto, 25 contrari e 27 favorevoli, eliminando quindi la decisione valida dal 1961, considerato anche il fatto che i mezzi di indagine disponibili all’epoca non sono minimamente paragonabili a quelli di ora, così come le metodologie disponibili a livello clinico e di laboratorio.

Le future possibilità della cannabis

In molti paesi è già diffusa la cannabis terapeutica, utilizzata per trattamenti in molti campi della salute anche a livello di medicina ufficiale e non soltanto come coadiuvante per altre terapie di tipo tradizionale.

Solo per citare alcuni dei campi in cui viene impiegata la cannabis legale, si utilizza in trattamenti dalle patologie più lievi a quelle più gravi.

Inoltre sono stati riscontrati ottimi successi anche nel trattamento del dolore cronico dell’epilessia, a differenza di molte altre terapie più convenzionali, che spesso hanno avuto esiti piuttosto deludenti nello stesso campo.

Per molti paesi la rimozione del veto da parte dell’ONU è l’occasione per aprire percorsi di ricerca sia in ambito pubblico che privato, sbloccando finalmente settori che sono rimasti fermi per decenni a causa di studi che sotto ogni ipotesi non si possono che considerare obsoleti.

Per gli antiproibizionisti la rimozione della cannabis nella lista delle sostanze stupefacenti è un passo avanti ed una piccola vittoria, se non altro simbolica.

Speranza per molti ammalati gravi

Grazie alla rimozione del divieto imposto nel 1961 dalla Convenzione Unica sulle Sostanze Narcotiche adesso sarà possibile per molte realtà iniziare ad esplorare dal punto di vista clinico e medicale gli effetti della cannabis a 360°, potendo finalmente trattare i pazienti anche con prodotti derivati da piante con un tenore di THC apprezzabile.

Questo passaggio è stato indispensabile per aprire la strada alla ricerca mirata a valutare in maniera oggettiva gli effettivi vantaggi dell’uso delle differenti strain di cannabis anche a livello clinico, senza più la limitazione di doverle inserire all’interno di sperimentazioni marginali o di basso livello.

Per molti ammalati gravi, infatti, la cannabis è stata un miraggio difficile da inseguire e che spesso ha costretto le famiglie, aggirando i divieti legali, a procurarsi la sostanza attraverso il mercato illegale, contribuendo così ad alimentare il già enorme giro di affari della malavita.

Nuove possibilità per il CBD

A fianco del THC, che è il principio attivo più noto nella cannabis, sia in quella Sativa che nell’Indica, ci sono altre sostanze presenti che al momento sono state studiate soltanto in parte a causa delle basse concentrazioni.

Fino ad ora l’impossibilità di selezionare cultivar e strain con un buon grado di libertà ha impedito agli agronomi e canapai di far esprimere al meglio tutte le sostanze presenti nel suo olio, note come cannabinoli, puntando soltanto alla concentrazione del CBD o cannabidiolo, che la seconda molecola attiva più presente nella cannabis.

Fortunatamente millenni di selezione e domesticazione della cannabis hanno dato il loro frutto, permettendo di ottenere piante molto facili da modificare con metodi di agrotecnica e quindi sono servite solo poche generazioni per avere olio ad elevato tenore di CBD.

Questa sostanza non presenta controindicazioni note al momento, ma soprattutto non ha effetti psicoattivi, ovverosia non altera le capacità di giudizio, perché la situazione è principalmente somatica, cioè agisce sul corpo, producendo un discreto senso di rilassamento.

In base alla concentrazione e alla tipologia di problema che si intende affrontare utilizzando l’olio di CBD si possono riscontrare molti effetti positivi, più o meno secondari, oltre a quello di un generale relax.

Soggetti molto ansiosi o in condizioni di stress post traumatico hanno riscontrato un notevole miglioramento della qualità della loro vita assumendo olio di CBD, perché riuscivano meglio a mantenere il controllo della situazione e nella maggior parte dei casi ad evitare gli attacchi di panico anche in condizioni di stress effettivo.

Dove trovare il CBD

Attualmente in Italia il CBD si può acquistare presso alcuni negozi, purtroppo ancora non molto diffusi sul territorio, oppure su internet. Per tanti motivi, non ultimo il fatto che a tutt’oggi nell’immaginario collettivo è ancora diffusa la correlazione diretta fra cannabis e sballo, in molti preferiscono acquistare i prodotti a base di questa pianta direttamente on-line.

I siti attivi attualmente in Italia riescono a vendere un prodotto di ottima qualità, come per esempio Jusbob.it che da anni si rifornisce solo presso un numero ristretto di canapai certificati.