Quando si parla del vestiario del dipendente, è importante capire se si tratta di una questione di decoro e omologazione oppure di dispositivi per la sicurezza. La differenziazione va fatta perché in base a questa ci sono differenti riferimenti di legge.
Un abbigliamento elegante
Se al dipendete vien chiesto un certo tipo di abbigliamento, come sobrio ed elegante, non si tratta di una vera e proprie divisa ma il lavoratore può sempre usare degli indumenti a suo piacimento che rispettino lo stile richiesto dal datore di lavoro. In questo caso, chi non segue le direttive potrebbe ricevere un richiamo ma nessuna sanzione o richiamo disciplinare.
La divisa
Altro caso è invece quello della divisa. Si tratta di indumenti che hanno un preciso scopo, tra cui una strategia di marketing e il rafforzamento del brand aziendale. Una divisa rende i dipendenti immediatamente riconoscibili anche per dare assistenza ai clienti all’interno del punto vendita, del ristorante, etc. Di solito, acquisto della divisa è a carico del datore ma il lavaggio solitamente no. Il dipendente che non indossa la divisa è sottoposto a contestazione disciplinare perché spesso l’obbligo della divisa è inscritto nel contratto di lavoro sottoscritto.
Gli indumenti da lavoro
Il terzo e ultimo caso è quello di uno abbigliamento da lavoro Ferrara che ha il preciso scopo di prevenire e proteggere dagli infortuni sul posto di lavoro. Non si parla quindi di soli abiti ma di veri e propri dispositivi di protezione individuale per ridurre il rischio legato all’attività svolta. Tra questi rientrano guanti, scarpe, caschi protettivi etc. Indossare certi indumenti non è un obbligo solo per il dipendente ma anche per il datore di lavoro poiché lui che deve mettere in atto tutte le misure necessarie per tutelare la sicurezza dei suoi dipendenti. È onore del datore di lavoro fornire gli indumenti. Se i dpi si rompono, rovinano e non provvedono più alla loro funzione, è sempre il datore di lavoro che deve sostituirli e non il singolo lavoratore.